Nella scorsa Newsletter abbiamo parlato dell’affanno dell’era moderna e della voglia di rallentare. Pensavo di aver toccato un tema personale, magari anche un po’ intimo, invece mi avete scritto in tantissimi. ✉️
Mi avete raccontato di corse e di rincorse, di sveglie che suonano troppo presto e di giornate che finiscono troppo in fretta. Mi avete raccontato che anche voi, come me, vi sentite spesso indietro: rispetto ai ritmi del lavoro, della casa, della famiglia, della vita. E che anche voi, come me, sentite il bisogno, sempre più forte, di rallentare.
Non per pigrizia, ma per necessità.
Non per smettere di fare, ma per tornare a scegliere.
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E proprio mentre ancora mi arrivavano i vostri messaggi, stavo lavorando a una cosa che (per caso o per destino) mi ha portata a ragionare sulla stessa linea.
📖 Stavo sistemando la nuova impaginazione di un libro a cui sono legata in modo molto particolare: L’amore conta. È stato il mio primo romanzo. Non il primo che ho scritto, in realtà, perché come ghostwriter scrivevo libri per gli altri già da molti anni, ma è stato il primo libro mio, con il mio nome in copertina e la mia anima tra le pagine.
È uscito nel 2014 e io ero una scrittrice esordiente, con tutta la goffaggine, l’entusiasmo, le paure e le illusioni che accompagnano ogni inizio.
Rivederlo oggi, rileggerlo dopo così tanto tempo, è stato come riaprire un vecchio diario. Mi sono rivista com’ero: piena di idee, ma ancora incerta nello stile. Piena di storie, ma con la voce che ogni tanto tremava. E devo dire la verità: alcune pagine non mi rappresentano più. Oggi non scriverei più quella storia. Non così, almeno.
Ma non tutto mi è sembrato “lontano”. Anzi, alcune frasi mi sono sembrate ancora efficaci. Come l’inizio del capitolo 1, per esempio, che dice così:
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Se c’è un momento nella vita in cui senti che non hai più tempo da perdere, che devi fare qualcosa, ora, adesso o mai più, che la parte migliore se n’è già andata senza che tu nemmeno te ne accorgessi, cosicché l’unica cosa che ti rimane da fare è raccogliere quello che resta e dargli un senso, bene: quel momento per me è arrivato stanotte.
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Sorrido, adesso, rileggendo queste parole. Quando le ho scritte avevo 38 anni e le avevo messe in bocca alla protagonista che, guarda caso, aveva esattamente la mia età. All’epoca mi sembrava una frase forte, intensa, quasi definitiva. Mi sembrava che esprimesse bene quella sensazione che a volte ci prende quando pensiamo di aver perso troppo tempo e ci viene una gran voglia di recuperare tutto insieme. Mi sembrava di essere già in ritardo, anche allora! Come se la parte migliore della vita fosse già scivolata via.
Oggi che di anni ne ho 50 (quasi 51!) mi viene un po’ da coccolarla, quella ragazza inquieta.
Vorrei dirle che no, non è vero che la parte migliore è già passata. Anzi, molto spesso il meglio arriva quando smetti di aspettarlo e cominci a costruirlo. Con quello che hai. Con quello che sei diventata. ✨
Però, rileggendo quell’incipit, ho sentito che qualcosa, in quella frase, mi rappresenta ancora. Non il senso di urgenza, non la corsa per recuperare. Ma quella voglia di dare senso. Di guardare indietro senza rimpianti, di guardare avanti con intenzione. E soprattutto, quella necessità di fare ordine. Di scegliere cosa tenere e cosa lasciar andare.
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📌 Rallentare, per me, oggi significa proprio questo: selezionare.
Scegliere a cosa dire sì – con entusiasmo, con convinzione, con presenza – e a cosa, altrettanto serenamente, imparare a dire no. Scegliere ciò che ha valore per me, oggi, in questo momento della vita, e lasciare andare tutto il resto, senza l’ansia di dover per forza tenere tutto in piedi.
Non è un gesto drastico, né una chiusura al mondo. Al contrario: è un’apertura nuova, più consapevole. Un modo diverso di abitare il tempo, invece che lasciarmi trasportare da quello che arriva.
Mi accorgo che cerco sempre più spesso di restare vicina a ciò che mi fa bene:
📚le letture che mi coinvolgono,
💬 le conversazioni che mi arricchiscono,
⚡i momenti in cui mi sento davvero presente.
Cerco le persone che mi aiutano a sentirmi “a casa” anche quando siamo fuori, e cerco, se posso, di allontanarmi da tutto ciò che mi prosciuga energie, che mi fa sentire fuori posto, che mi costringe a essere una versione di me che non mi assomiglia più.
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Una mia cara amica, qualche mese fa, mi ha scritto in un messaggio una frase che mi è rimasta impressa:
💭 Rallentare significa scegliere a cosa rinunciare.
Mi è sembrata una di quelle frasi che ti si infilano in testa e restano lì, a girare, a chiedere attenzione. All’inizio ho pensato: sì, è vero. Ma poi ho capito che per me non è proprio così. O almeno, non del tutto. Perché parlare di rinuncia sembra suggerire una perdita, un sacrificio, qualcosa a cui dici addio con fatica. Invece io, oggi, la vivo diversamente.
Non mi interessa più partecipare a tutto, esserci per forza, restare in contatto con chiunque, solo per non sembrare scortese. E così, senza sensi di colpa, ho cominciato a fare selezione.
Come quando entri in un guardaroba pieno zeppo 👗👠, e a un certo punto decidi che è arrivato il momento di liberare spazio: togli quello che non metti più, che non ti rappresenta più, che ti ingombra lo sguardo. E lo fai non con tristezza, ma con un senso di leggerezza, quasi di sollievo.
È esattamente questo che sento. Un bisogno crescente di togliere, di sfoltire, di potare, come si fa con le piante quando vuoi aiutarle a crescere meglio. 🌱 Tagli rami secchi, elimini ciò che ruba luce, lasci solo quello che ha ancora linfa. E io, in questi mesi, mi accorgo che sto facendo proprio questo. Con dolcezza, ma anche con una certa fermezza.
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Così, per esempio:
❌Non mi forzo più ad andare a una mostra solo perché “bisogna vederla” o “ne parlano tutti”.
❌Non accetto più un invito a cena se l’unica motivazione è “esserci”.
❌Non mi spingo più a telefonare a quella vecchia amica con cui non ho più un dialogo autentico, solo per mantenere in vita un legame che ormai si regge più sull’abitudine che sul piacere di condividere.
C’è stato un tempo in cui mi sembrava necessario esserci sempre, per tutti, in ogni occasione.
Ora no. Ora cerco di essere dove davvero sento che ha senso stare.
✅ Non faccio più le cose “tanto per”.
✅ Mi sforzo di scegliere le cose “perché sì”. Perché risuonano con qualcosa di profondo. Perché mi fanno bene. Perché mi assomigliano.
E questa attitudine non riguarda solo la sfera personale. Vale anche – forse soprattutto – per il lavoro. Quando mi metto a scrivere un nuovo libro, oggi, non lo faccio più con la pressione di dover riempire uno spazio, tenere un ritmo, dimostrare qualcosa. Lo faccio solo se sento che quella storia ha una sua urgenza, un significato, una necessità vera. Solo se dentro di me si accende quella scintilla che mi dice: Questa vale il tuo tempo. Vale la tua cura.
E se quella scintilla non arriva, aspetto. Con pazienza. Perché ormai ho capito che forzare non porta mai a niente di buono.
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🔍 A furia di dire no a ciò che non sento più mio, ci sono giornate in cui mi chiedo se sto rischiando di perdermi occasioni. Amicizie. Opportunità. Contatti che, magari, potrebbero condurre a nuovi inizi.
Ma poi mi rispondo con tranquillità: no, non sto perdendo. Sto scegliendo.
Forse è l’età. O forse è solo che, a un certo punto, ti rendi conto che le energie che hai non sono infinite. E che per vivere bene – bene davvero – non puoi disperderle in mille rivoli. Devi scegliere. Devi selezionare. Devi mettere a fuoco.
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💛Alla fine, ho capito che selezionare è un atto d’amore. Verso me stessa, innanzitutto. Verso il mio tempo, che è prezioso. Verso le mie energie, che non sono infinite. E anche verso gli altri, perché quando dico un sì vero, convinto, presente, è un dono autentico. Quando scelgo di esserci, è perché ci sono davvero.
Piano piano sto imparando a difendere i miei spazi. A riconoscere quando ho bisogno di stare da sola, e a non giustificarmi se ho bisogno di staccare. A dire “Grazie, ma no”, con gentilezza e senza scusarmi.
Quando ho scritto L’amore conta, a 38 anni, pensavo che il tempo fosse qualcosa da afferrare al volo, come un treno che stava per partire. 🚂 C’era dentro quell’urgenza un senso di precarietà, quasi di ansia: se non salgo adesso, se non faccio subito, se non mi muovo rischio di perdere l’occasione. Rischio di restare indietro.
Oggi vedo il tempo in modo diverso. Oggi mi sembra che il tempo vada onorato, non inseguito. E onorarlo, per me, significa provare a viverlo in modo più intenzionale. Con attenzione, con presenza, con gratitudine anche. Non riempiendolo di cose da fare, ma cercando di usarlo per ciò che ha davvero valore. Non per dovere, non per fare scena, non per compiacere, ma per costruire qualcosa che somigli il più possibile alla vita che desidero.
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🌼E chissà, magari è un processo che stai vivendo anche tu. Magari anche tu, ogni tanto, ti fermi e ti domandi se tutto quello che stai facendo ti corrisponde ancora. Se quella fatica ha senso. Se quel rapporto che tieni in piedi per abitudine è ancora vivo. Se quella voce interiore che ti dice “non puoi mollare” è davvero la tua, o solo un’eco di qualcosa che hai sentito troppo spesso.
Forse, anche tu stai imparando a dire qualche no in più. A togliere piuttosto che aggiungere. A scegliere meno, ma meglio. Se ti va, raccontamelo. Scrivimi. Condividere i vostri pensieri, i vostri racconti, le vostre riflessioni, per me è un modo bellissimo di ampliare il mio sguardo. E anche, spesso, di ritrovare parole che stavo cercando senza saperlo. 😊
Che cos’è un uomo in rivolta?
Un uomo che dice no.
Albert Camus
Il diario di Libroza
Lo so, non si fa. Non si dovrebbe dire, non si dovrebbe scrivere, e tantomeno postare sui social. Ma questa volta non ho resistito.
Ieri ho pubblicato un post in cui, sì, mi sono vantata. Proprio così. Non in modo arrogante, spero. Ma con quella gioia sincera che ti viene quando finalmente raccogli i frutti di un lavoro lungo, costante, silenzioso. E volevo condividerla anche con te, qui, dove ci diciamo le cose più vere.
Perché i miei libri, in questo momento, sono in cima alle classifiche!
E allora ecco qui, nero su bianco, le piccole grandi soddisfazioni di questi giorni:
📌 Le indagini di AGATA CORNERO (vol. 1, 2 e 3) tengono saldamente il podio nelle categorie:
◻️ gialli soft
◻️ gialli soft culinari
◻️ gialli con investigatori amatoriali
📌 SETE DI VENTO, il mio romanzo romanzo storico più recente, è primo nella categoria:
◻️ narrativa storica della Prima Guerra Mondiale
📌 L’ULTIMA SPIAGGIA, che ormai ha due anni di vita, è ancora tra i più letti in:
◻️ narrativa storica del XX secolo
◻️ narrativa sull’amicizia
📌 E infine, la TRILOGIA dei RICORDI – che ormai ha compiuto cinque anni! – è ai primi posti nella categoria:
◻️ storia contemporanea del XX secolo
Quando vedo questi risultati mi emoziono sempre un po’. Perché dietro ogni numero c’è un lettore. C’è una persona che ha scelto di passare ore della sua vita dentro una mia storia.
E allora no, non è solo un dato, una classifica. È una conferma. Che le mie storie piacciono e che il mio modo di lavorare – lento e attento – ha ancora senso.
Quindi sì: mi sono vantata. Ma con gratitudine. 🙏
🧡Grazie a tutti voi che comprate e leggete i miei libri.
🧡Grazie perché li recensite e ne parlate bene in giro.
🧡Grazie perché mi seguite e mi condividete con me i vostri pensieri.
Grazie, grazie, grazie.
E adesso torno a scrivere, più motivata che mai.
I consigli di Libroza
Ti consiglio…
📚Un libro: Vite di uomini non illustri [link affiliato ad Amazon] di Giuseppe Pontiggia. Vite immaginarie di personaggi immaginari, tra fine Ottocento e primi anni Duemila. Persone normali con tratti eccezionali. Un capolavoro di scrittura essenziale e pulita.
🎧Un podcast: M. La fine di Mussolini [link a Spotify] di Massimo Scurati per OnePodcast. Gli ultimi due drammatici anni della vita di Benito Mussolini, la fine del regime fascista, la guerra civile e la nascita della democrazia italiana. Si tratta di una versione ridotta dell’ultimo volume della saga su Mussolini che comunque, se avete voglia, vale la pena di leggere per intero. La trovate qui.
🎬Una serie: L’abbaglio [link a Netflix]. Nell’Italia del 1860 un contadino e un imbroglione, originari della Sicilia, si uniscono alla spedizione dei Mille, ma il loro unico scopo è tornare nella loro terra d’origine. Una critica amara sulla distanza che spesso rimane tra i progetti politici progressisti e il popolo. Allora come oggi.
📺Un video: War on children in Gaza [link a YouTube]. Se non l’avete ancora visto, questo “spot” contro la guerra a Gaza, con la forza delle immagini dice più di tante parole. E pensare che è stato girato più di un anno fa…
📱 Una curiosità: Il deposito [link a sito esterno]. Archivio dei canti di protesta, dal Risorgimento a oggi.
Le novità di Libroza
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E mi raccomando: se leggi qualcuno dei miei libri, poi fammi sapere cosa ne pensi. Ci tengo!
A presto,
Carmen
Ciao Carmen.
Partiamo da un presupposto: poter scegliere è un tesoro che bisogna saper riconoscere, e che, una volta indivuato, bisogna saper utlizzare senza sprecarlo.
Sicuramente, l'età aiuta a riconoscere questo tesoro, anche se non sempre siamo in grado di esercitare questo diritto.
Condivido gli esempi che hai fatto, come cercare una persona solo per mantenere in vita un legame, ma anche l'idea di "esserci" a tutti i costi.
Nel mio caso, trovo che negli ultimi anni sia sempre più difficile parlare liberamente, superando la paura di essere fraintesi.
E poi, quanto è pesante il "polite"...
Questi vincoli li ritrovo anche nella scrittura; spesso mi chiedo se quello che cerco di dire sarà interpretato nella maniera corretta.
Certo, buona parte del problema dipende dalla mia capacità di esprimermi, ma penso che, soprattutto su certi temi, sia difficile parlare liberamente
Tornando alle scelte, personalmente ne ho sempre fatte, non è mai stato un problema per me dire no.
Un no che ho imparato a dire a me stesso è rivolto verso il bisogno di fare polemica, sottolineare, chiosare e via dicendo: li reputo ormai inutili.
La mia impressione è che in questo periodo di slogan urlati (e non parlo solo dei personaggi pubblici...), sia veramente difficile articolare una teoria e provare a confutarla.
Pensare prima di parlare, spesso viene ritenuta una perdita di tempo.
E finalmente siamo arrivati al punto: il tempo.
Il tempo è un bene prezioso e quantificabile in termini economici, oppure è una distanza fluida e modellabile in funzione del nostro stato d'animo?
Ti lascio al quesito esistenziale...
Un caro saluto, ma non prima di aver detto che "Sete di vento" è uno dei migliori libri letti durante l'anno.
Grazie,
Giovanni
Intanto quando qualcuno fa qualcosa di buono e utile, farlo presente non è vantarsi, ma è normale dato che hai dei riscontri positivi dai tuoi estimatori, non siamo estimatori a prescindere, ma perché apprezziamo la tua bravura. Quando si è giovani mettiamo in atto il detto che il treno passa solo una volta, poi ci rendiamo conto che ci sono tanti mezzi di “ locomozione “ e a volte più veloci del treno. La tua è un’età fantastica, perché non si è più giovani, neppure anziani. Ora mi fermo perché sono troppo logorroico. Siamo in attesa 😀